DECIMO CLONE di Marco Bergamini Lo spazio della mia cella e' ridotto d'un terzo da quando hanno cominciato a portare le apparecchiature. Non so se sentirmi felice... So che dovrei esserlo. La mia matrice ha scelto me. Ieri sera, il tramonto e' stato stupendo. Sulla parete opposta alla finestra, si sono disegnate formidabili combinazioni di rossi; finche' tutto e' virato nel grigio e nel nero. Penso che la vita d'un clone sia molto simile ad un tramonto solare. Ma non ho mai visto veramente il sole, e quindi non saprei dire se la mia impressione mi sia suggerita dall'immaginazione, e se sia, quindi, solamente una delle mie romantiche fantasie. Il fatto e' che il rosso e' simile alla mia vita. E il nero, e' quanto sento possa piu' assomigliare alla mia morte. Questa storia mi sta rendendo nervoso... Credevo che non avrei avuto paura quando fosse giunto il momento, ma se non e' paura, questa e' senz'altro una sensazione molto sgradevole. Durante la partita a scacchi, il computer mi ha richiamato due volte. Ho perso stupidamente... Ho perso in modo sciocco tutte le mie dieci partite serali. Un record negativo mai eguagliato. Nemmeno quando, da bambino, cominciai a giocare, sbagliavo cosi' grossolanamente. E' passato molto tempo, da allora. Non c'e' molto da fare per un clone, in questo mondo. Non credo che esistano cloni fuori di qui; liberi, intendo; ma la verita' e' che non conosco altri nel mio stato. L'istruttore e' l'unico essere che parli con me, oltre al computer, ma il computer non fa testo. Poverino, si vedeva che era teso quando mi ha comunicato la decisione della mia matrice. Quasi quasi, finivo per chiedergli scusa se mi ammazzavano. Tutto questo e' stupido! Cresci per tutta la vita con la certezza che, un giorno, dovrai morire, e poi, quando ti dicono che quel giorno e' arrivato, ti senti spaventato, e vorresti che non fosse vero. E' davvero stupido e mi spinge a ricredermi circa le mie convinzioni. Devo ricordare gli insegnamenti del mio maestro circa la preparazione alla fine. Devo morire, e questo e' tutto; e questo e' il meglio che mi possa capitare, perche' non muoio invano. Infatti, l'istruttore... Aveva le lenti appannate e sudava freddo, non l'avevo mai visto in quello stato, a volte l'ho visto anche ridere, ma ieri non rideva; l'istruttore, dicevo, ha detto che il mio corpo sarebbe divenuto la nuova sede della mia matrice. Poi, non e' riuscito piu' a parlare. Eppure, non e' uno nuovo nell'ospedale. Dal colore dei suoi capelli, si capisce che ha piu' di cento anni. Forse anche lui si e' servito, in passato, d'un clone, per allungare la propria esistenza. Quando e' scesa la notte, ho provato a stendermi sulla branda, e a prendere sonno. Mi ripetevo in continuazione che non stava accadendo nulla di anormale, che era il mio destino e che dovevo adempierlo: esattamente come il sole tramonta ogni sera, e muore ogni notte. Anch'io ero tramontato, anch'io m'apprestavo a diventare notte. Non ho mai pensato veramente a cosa potesse significare morire. Devo ammettere che la definizione che mi hanno insegnato e' stata sempre, per me, piu' che sufficiente. "Morire e' dormire." E allora, di che cosa avrei dovuto aver paura? E allora, perche', nonostante tutto, mi sento cosi' inquieto? Per tutta la notte non ho chiuso occhio. Ho fissato il soffitto cercando di figurarmi nella mente l'aspetto attuale della mia matrice. So che e' del tutto identica a me, questo e' il significato della parola clone, ma e' piu' vecchio di me. So che ha quasi trecento anni, e che io sono il decimo esemplare che egli usa per tramandare se stesso. Chissa' cosa pensa quando pensa a me. Chissa' se mi pensa quando pensa che si sta impadronendo del mio corpo, della mia vita, a scapito della mia... -essenza-. Non so come spiegare altrimenti quel senso di me che supera l'immediata materialita' del mio corpo. Oh Dio, gli cederei volentieri questo guscio se avessi la certezza di poter continuare a esistere nella mia -essenza-. Spero solamente che il suo cervello valga la pena di essere tramandato. Continuo ad avere paura. Un'infantile paura di morire. Mi devo essere addormentato durante la colazione. E' stato il computer a svegliarmi con la sua stupida voce isterica. Eppure, dovrebbe sapere che mi succede sempre d'addormentarmi quando non chiudo occhio la notte. E' vero, pero', che fino ad oggi, solo un'altra notte e' stata per me cosi' dura da passare. Ma l'altra volta era accaduto perche' ero solo un bambino, e mi avevano detto che l'indomani mattina mi avrebbero prelevato del materiale genetico. Credo di essermi comportato, allora, in modo davvero poco consono a quelli che sono i principi che guidano il comportamento d'un buon clone. Avevo frainteso completamente le parole dell'istruttore, e per tutta la notte sognai orribili sofferenze e sadiche mutilazioni. Che sguardo sciocco si dipinse sul mio volto quando mi dissero d'aver terminato. Quando li vidi portarsi via un leggero strato d'epidermide dal mio braccio. Tutto fini' li'. Ho ripensato piu' volte a quell'operazione. L'istruttore non me ne ha mai voluto parlare. Annuiva, a volte, alle mie richieste di spiegazione. Ma nella maggior parte dei casi, semplicemente, taceva e se ne andava. Secondo me, se era del materiale genetico cio' che a loro serviva, doveva servire loro solo per vedere se ero sano. Non so pensare ad altro. Questo pomeriggio, il mio maestro s'e' deciso ad incontrarmi di nuovo. E' una persona davvero molto cara. Sembra che sia arrabbiato per il fatto che la mia matrice voglia proprio me. Avrebbe preferito che usasse un mio fratello piu' giovane. "Ho un fratello?", gli ho chiesto incuriosito. Lui ha tossito. Era un colpo di tosse falso, questo l'ho inteso subito perche', intanto, i suoi occhi erano diventati lucidi e, a me, gli occhi diventano lucidi solo quando ho bisogno di piangere. Ma un clone non deve piangere, mai! Pero', questa storia del fratello mi ha sconvolto ancor piu' la mente. Ad un certo punto, mi sono domandato perche' il mio maestro avrebbe preferito lui a me. Forse non ero degno dei suoi insegnamenti? Questa storia di mio fratello non la riesco proprio a capire. Ho fatto un'altra partita a scacchi con il computer ma, lo ammetto, non ho pensato neanche ad una mossa, e il computer ha vinto subito. C'e' qualcosa che non va. Ti insegnano a voler bene alla tua matrice. E quando non vedi l'oggetto del tuo bene finisci per amarlo piu' di te stesso, e cosi' era accaduto anche a me. Avevo disegnato intorno a lui un mondo fatto di spazi immensi e di aria pura, di relazioni umane e di nemici da sconfiggere. Forse gli avevo aggiunto cio' che a me mancava, e avevo proiettato me stesso in quel ruolo incosciamente tanto sognato. Mi vergogno a pensarlo, ma forse sono stato volutamente ingannato. Questo spiegherebbe l'imbarazzo del mio maestro che, se non fosse quella persona adorabile che e', si sarebbe potuto comportare da vero ipocrita, lasciandomi confidare sulla nobilta' della missione che m'aspetta. Ma ora non vedo per quale ragione la mia matrice dovrebbe pensare a me se non come un affamato pensa al suo cibo. Non c'e' nulla di nobile nel mio sacrificio. Non c'e' nulla di nobile nel fatto che usi proprio me. E' qualcosa di orribile... Qualcosa di mostruoso... Dormo molto piu' del normale. Questa mattina mi sono svegliato con un forte mal di testa e ho scoperto che non era mattina. Il mio maestro viene sempre piu' di rado, ma oggi era nella cella con me, forse aspettava esattamente il mio risveglio. "Come ti senti?", mi ha chiesto. Strano, in passato avrei risposto alla sua domanda con assoluta solerzia di particolari. Ma quest'oggi non gli risposi. Non che non avessi voluto farlo. Semplicemente, non sentivo di dover dir nulla. D'altronde, anche lui aveva taciuto per un certo tempo. "Questa sera avverra'", mi disse con voce atona, sottintendendo il fatto che stava parlando della mia morte. Annuii. "Posso avere qualche risposta, allora?" Mi sembrava normale che al condannato fosse concesso di sapere qualcosa di piu'. "Certo...", rispose lui. Ed in me, tutte le questioni di questi giorni s'accavallarono le une sulle altre. "Chi e' mio fratello?", chiesi. Ma non era la domanda che davvero avrei voluto fargli. "E' un clone di te. In ultima analisi, e' tuo figlio." "Cosi' come la matrice e' mio padre?" "No... Non esattamente... Tu sei nato da un altro clone. Il vostro clone capostipite e' morto da oltre duecento anni." Rimasi ad ascoltare. Ero stordito da quella grandezza temporale. Non mi aspettavo piu' di venticinque anni di vita. "Cosa devo fare, maestro?" Lui chino' il capo, prima di tornare a fissarmi negli occhi, e di voltare poi il viso verso la finestra della cella. "Quello che i tuoi padri hanno fatto prima di te", rispose. E si sforzo' di sorridermi. "Ne abbiamo parlato per molto tempo, in questi anni. Abbiamo discusso circa ogni dovere d'un clone..." "Certo!", gridai. "Li conosco tutti, i doveri d'un clone! E sempre mi sono attenuto alle leggi che regolano la nostra vita; questo non puoi negarlo, maestro. Ma perche'? Perche' proprio io? Questa domanda mi brucia dentro; essa e' la dannazione della mia anima." "Perche'?", ripete' lui. "Tutti dobbiamo morire." "Ma la mia matrice scampa alla morte sacrificando al dio del tempo la mia vita. E' giusto questo?" La sua risposta non poteva che essere no. Ed invece fu si'. "E' giusto... E' giusto perche' e' cosi'. Ma se ti puo' consolare, nemmeno la tua matrice vivra' in eterno. Il clone d'un clone, come la copia d'una copia, ha, nel suo codice genetico, un certo livello di degradazione. Dopo la centesima clonazione si otterranno solo aborti. E la matrice non potra' che morire." M'alzai in piedi, e picchiai con tutta la mia forza gli avambracci contro la porta della cella. Mi voltai verso di lui. Fissava il pavimento. "E' un uomo importante?" Era l'unica domanda che mi venisse in mente, altrimenti avrei tentato d'ucciderlo e di scappare. Ma un clone deve saper controllare i propri istinti. Un clone conosce esattamente qual'e' il valore della vita. Maledetta sia la vita! "E' un uomo molto ricco. E' importante, si'." "La gente lo ama?" Il mio maestro scivolo' con lo sguardo dal pavimento a me. Non ci fu bisogno d'una risposta. Ecco, e' finita. Questi sono i miei ultimi secondi. Non ho avuto un vero passato. Ho vissuto per morire oggi. Eppure, qualcosa da dire ancora mi rimane, perche' un clone percepisce piu' profondamente il significato della vita di quanto lo possa fare una matrice. Ecco, io vi lascio l'ultimo pensiero libero della mia -essenza- prigioniera, prima di cedere il mio corpo ad un usurpatore: "Vivete come se doveste morire domani, e pensate come se doveste vivere per sempre. Il resto e' solo tramonto e notte." Ed ora, lasciate che io contempli il mio nero. Per me... e' ora di tramontare.