HANSEL di Marco Bergamini. Ci sono istanti in cui, nell'osservare del tutto innocentemente le vetrate della finestra, mi capita di scorgere, tra le pieghe delle nuvole, gli sciocchi occhi di Lucienne. "E' ora di trovargli un nome..." La voce di lei scivola lentamente tra i miei pensieri. Ed io non so che cosa risponderle mentre Lucienne rafforza la sua richiesta caricandola di sfumature dolorose. "Ricorda, Mark, che e' anche tuo figlio. E' nostro figlio, che tu lo voglia o no!" Volgo il capo verso lo scrittoio. Pile di fogli, ammucchiati disordinatamente, minacciano di cadere da un momento all'altro. Mi sforzo di fare mente locale sulle ultime righe del mio saggio. Avrei affrontato quell'odioso passo finale con il massimo del mio impegno piuttosto che stare ad ascoltare Lucienne e le sue stupide lugubrazioni. Ma Lucienne non puo' essere zittita cosi' facilmente. Lei parla ed io l'ascolto; ovunque ella si trova, questo accade. "Caro Steve, sono molto stanco. Sono passati piu' di quattordici anni da quando Hansel e' venuto al mondo. Dovresti vederlo... Anzi, ripensandoci, forse e' meglio che tu ti tenga il piu' lontano possibile da questa casa e da lui. Ti chiederai per quale ragione sono cosi' brusco con te, per quale motivo ho deciso di abbandonare le nostre ricerche rinchiudendomi, senza una spiegazione plausibile, in questa dimora di montagna. La tua curiosita' e' legittima, amico caro, ma e', ora piu' che mai, sconveniente. Lucienne, mia moglie, quella ragazza francese che sposai qualche anno prima di avere... lui; Lucienne, dicevo, passeggia per la casa come inebetita. Eppure, sebbene sia questa l'impressione che esternamente sembra suscitare, ella, in verita', cova, nella sua perfida testolina, pensieri ben piu' profondi e, sicuramente, molto pericolosi. Se Dio ha ancora interesse alla mia anima lascera' che questa lettera ti giunga. Non so se potro' scriverne altre... Sta succedendo qualcosa di... di pericoloso In ogni caso, Steve, te ne prego, per l'amicizia che sin dall'infanzia ci ha legati, non venire qui; non fare che alcuno che tu ami metta piede in questa casa. Addio." "Padre..." La voce falsa di Hansel entro' di prepotenza facendo breccia nella mia mente oramai priva di pensieri. "Hansel?" Il ragazzo era cresciuto, aveva trentatre anni. Io ne avevo quasi settanta. "E' giunto l'ora che io vada..." Non risposi. Sapevo che nulla l'avrebbe trattenuto. Speravo che, tanto piu' si fosse allontanato da me, quanto piu' io avrei potuto ritornare a godere della luce; della limpidita' mentale di cui, da lungo tempo, ero stato privato; da quando, di fatto, ero diventato un manichino, una bambola senza volonta', un suo possedimento. "Caro Steve, ho dovuto penare per trovare il tuo nuovo indirizzo. Ho temuto che tu fossi morto, invece, grazie a Dio... Lucienne se ne e' andata. Ha voluto seguire Hansel quando, anche lui, e' uscito dalla porta di questa casa per scomparire per sempre. Non odo piu' i loro pensieri... Cosi', spero che mi abbiano dimenticato. Cosa importo, infatti, io per loro? Da molto tempo osservo un esilio volontario in questa casa di montagna. Vivo del latte d'una mucca e della carne del mio allevamento di conigli, ed integro la mia dieta con quel poco che riesco a coltivare. Se non fossi cosi' intimamente certo che le loro presenze malefiche sono da qualche parte a nuocere alla buona gente, potrei dire di essere di nuovo felice. Infatti, il sole, da qualche anno, e' tornato in queste zone. La vita e' rinata. Il Bene, se tu credi a queste cose, ha ripreso possesso di un territorio che fu consacrato ad un demone dell'inferno. Ho ottantadue anni... Raggiungimi, se puoi; altrimenti, scrivimi, ti prego." "Steve... Sei davvero tu?" L'uomo che aveva bussato alla porta era vecchio ed acciaccato. La guida che l'aveva accompagnato fino alla casa aveva ritirato il suo compenso e, senza proferir parola, era ripartito per ritornare al villaggio prima di notte. "Mark, amico caro." Si abbracciarono sulla soglia. Il legame d'amicizia che aveva legato i due uomini sin dall'infanzia era cosi' forte che, in un attimo, le loro vite passarono di fronte ai loro occhi e, al ricordo delle gesta che li avevano visti insieme, corrisposero nuovi abbracci e nuovi saluti fraterni. "Caro Mark, tu che vivi qui non sai..." "Che cosa?", chiesi versandogli della camomilla selvatica. Steve s'era rabbuiato in viso. "Amico mio, tu vivi davvero nell'ultimo angolo di paradiso. Non c'e' luogo sulla Terra che non appartenga alle forze maligne di tuo figlio. Lo stesso villaggio che sta giu' a valle, il piu' vicino al tuo rifugio, e' preda della sua mente perversa." "Come e' possibile...", chiesi incredulo. "E' stata una strage... A confronto, gli orrori del nazismo furono i giochi di pochi disadattati." "Oh Dio..." "Non c'e' Dio... Dio ha lasciato questo mondo. Ora c'e' solo Satana. Forse, solo tu, qui... Questo e' l'ultimo posto in cui si possa trovare pace." "E Lucienne?" Steve sollevo' le spalle significando quanto poco potesse saperne. "Mark, come e' stato possibile? Perche' non l'hai fermato quando ancora si poteva..." Chinai il capo coprendomi gli occhi con le mani. "Non ho mai voluto..." Steve gli strinse il polso. Mark lo guardo' in viso. Era ancora amichevole nonostante il grave rimprovero che pesava nell'aria. "Padre..." Mark si sveglio' con il cuore che batteva impazzito nel petto. Aveva novantaquattro anni. "Hansel?", rispose chiudendo gli occhi e cercandolo nel mondo. Ma fu suo figlio a venire a lui. "Padre, voglio tornare a casa." Il vecchio non rispose. "Padre, io posseggo tutte le menti, io dispongo di tutte le vite, io dispenso benessere e dolore, io ho dato un ordine al mondo e l'ho liberato dalle indecisioni, io sono il re dei re. Eppure, ancora adesso, sento che in me manca qualcosa." "Figlio mio..." "E cio' che mi manca sei tu, Padre mio." La baita si riempi' di calore. Un lampo di luce, accecante, avvolse la Terra. "Bentornato a casa, figlio mio."