PIT@KUBLAI.GOV di Marco Bergamini Non riesco a stare nudo. Di fronte alla mia carne, mi sento a disagio. E' colpa del pallore, della debolezza; di quella fragilita' che sembra voler mostrare allo scopo di farmi sentire in colpa con me stesso. C'e' qualcosa di penoso nel guardarmi allo specchio. Questa struttura d'ossa racchiusa in un lembo di pelle mi sembra una di quelle vecchie chiglie di nave lasciate dai pescatori a marcire sulla spiaggia. Apro gli occhi e vedo me stesso nel peggior stato possibile. E' orribile. E' davvero orribile. Mi trascino per la casa, i miei passi sono lenti. Lo so, venticinque anni sono troppi. Avrei dovuto morire prima. I miei amici... Non ho piu' amici, solo ricordi. Ma che importa? Ieri, ho spalancato l'unica finestra di questa stanza. Non riesco a capire il paesaggio. E' come sbirciare da un buco di serratura. E' troppo poco per permettermi di sentire, di provare una qualche sensazione di piacere. Credo che non resistero' alla promessa che mi son fatto. Sul tavolo era rimasto un vecchio appunto. L'avevo lasciato due anni fa, prima dell'ultimo viaggio. L'ho ritrovato per caso quando, fissando il piano, ho infine capito che li' sopra c'era qualcosa. E anche dopo, sono rimasto fermo, in piedi, a fissare il foglio di carta strappato. I segni tracciati con irregolarita' di pressione s'intersecavano nella mia mente, risvegliavano in me il ricordo di altre linee piu' chiare e piu' coinvolgenti. Mi chiedo per quale ragione abbia scelto di smettere. Stavo meglio prima. Beh, ci son voluti due giorni, ma infine sono riuscito a decifrare la mia scrittura. C'e' scritto: "Questa e' l'ultima volta! MAI PIU'...". Che stupido, come se a quel tempo gia' non sapessi d'esser morto. Ovviamente, non una fine fisica, nonostante la mia atipica longevita'; una morte mentale, uno stato della psiche che mi allontanava dalla vita, dall'esistenza reale. Ma, forse, il mio ultimo viaggio mi ha veramente ucciso, ed ora son qui solo per un assurdo attaccamento alla... All'esistenza? No, perche' questa non e' una vita cosi' come le ossa coccigee non sono una coda. E' come tornare ad un passato che m'era appartenuto, ad un mondo dove ero stato per molto tempo, in un appartamento che sapevo essere il mio. Eppure, allo stesso tempo, tornare mutato troppo profondamente per provare qualcosa dai ricordi di quel passato. Mi sentivo come chi rivede il luogo d'una catastrofe che gli ha distrutto affetti e averi. Torna, ma non puo' essere felice. Mi sono svegliato di soprassalto questa notte. Ero sudato e avevo freddo; mi sono rannicchiato in un angolo tra il muro e la branda, seduto sul pavimento a cercare di colmare il vuoto della mia mente. Ho fissato il buio e il piccolo rettangolo di cielo notturno. C'erano due stelle. Oh Dio, solo due stelle. Ho chiuso gli occhi perche' mi bruciavano. Chi poteva dirlo che ritornare mi avrebbe insegnato di nuovo cosa significasse piangere, piangere di cuore. Penso che mi leghero' ancora alla presa RS, m'infilero' l'HMD-XView, la cybertuta, e lascero' scattare le interfacce ad una ad una. Ho indossato la cybertuta, non voglio tornare laggiu', ma la realta' e' fredda, e spero di non essere malato. Ho aperto lentamente la porta e ho sbirciato nel corridoio. Questo mondo e' molto silenzioso. A volte accade che qualcuno gridi, ma e' per breve tempo, e poi e' di nuovo silenzio. Perche'! Chi ha deciso che dovessi smettere davvero? Prima dell'ultimo viaggio, conoscevo una ragazza. Aveva cominciato molto presto perche' i suoi erano ricchi e la lasciavano fare qualunque esperienza. Ma basta interfacciarsi con Kublai una sola volta per rimanerne per sempre segnati. E' una ragnatela a cui basta concedersi per pochi momenti per rimanere prigionieri per sempre. Poi, Kublai scende dalla sua fortezza, e viene a parlarti. E tu sei li', impacciato, pauroso di muoverti. Lui ti mostra i suoi domini, e te li regala; e cosi' impari a viaggiare, ad essere parte del suo regno. E non t'avvedi che lentamente ti sta consumando. Come un ragno, affonda le sue mandibole nel tuo corpo e nella tua mente, e pian piano le svuota, le annienta, ti trasforma in un involucro vuoto. Ma Dio, come e' immenso il mondo di Kublai! Quante entita' vi appartengono. Quando ti e' dato di contemplare il Paradiso, che valore puo' avere, infine, il mondo terreno? Si chiamava Rakel. E' passato un giorno. Un giorno trascorso a far scivolare in me il ricordo del suo viso e del suo corpo, per far venire alla luce il suo nome. Non avevo memoria di quanto fosse lungo e penoso il tempo necessario per riavere un ricordo. Era stata lei ad introdurmi nel regno di Kublai quando questo aveva smesso di essere una semplice VBBS per amatori ed era diventata un... Un universo parallelo. Kublai VBBS era passata nelle mani d'un gruppo industriale paramilitare che mirava a colonizzare il mercato delle banche dati virtuali. Ma c'era qualcosa che solo Kublai possedeva. Lui poteva entrarti nella testa... O meglio, poteva usarti come una sua periferica, una sorta di coprocessore biologico da impiegare in elaborazioni sofisticate di dati, come banco di memoria brainware, come un dispositivo I/O verso un mondo che Kublai non conosceva ancora: la realta'. E non ci si poteva accorgere di cio' che la VBBS faceva al tuo cervello perche' la tua coscienza viaggiava nel suo mondo virtuale. Attimi, secondi di vita, diventavano anni di sensazioni straordinarie fatte di luci, rumori, odori, ed esperienze tattili piu' forti del sesso, della droga; piu' complete e liberatorie d'un nirvana. Quell'attimo di potenza era la contropartita di anni impiegati a far da periferica ai files mnemonici di Kublai. No, non voglio piu' tornare la' dentro. Preferisco morire. Ho camminato lungo il corridoio. Faticosamente, ho sceso i gradini. Sono arrivato alla strada. Non c'e' piu' nessuno. La citta' sembra abbandonata; eppure, tutto e' intatto. E' una citta' fantasma i cui abitanti sono stati inghiottiti dall'abisso. E l'abisso si chiama Kublai. Se la fine del mondo doveva avvenire, quello era stato il modo piu' subdolo con cui Dio, o Satana, erano riusciti ad ingannare l'uomo. Eppure, l'uomo esisteva ancora, dimentico di se stesso, in qualche angolo di Kublai; ovvero, egli stesso frammento della VBBS. Perso nella sua immensita' virtuale, era ora un tutt'uno con l'entita' che gli dava eternita' e potenza divina in cambio d'una sottomissione totale ed inconscia. E' inutile vagare per le strade deserte. Non c'e' cibo, poca acqua. Sarei uno sciocco se pensassi di trovare Kublai o se credessi di poterlo distruggere. Kublai non e' in nessun posto. Kublai e' ovunque. Kublai e' tutte le menti pensanti. Oh Dio, non c'e' piu' alcun reale. Il mondo s'e' trasferito altrove. La vita ha cambiato dimensione. La Terra s'e' liberata dell'uomo nell'unico modo possibile, lasciandolo fare. Sono passati altri tre giorni da quando sono sceso in strada. Non ci sono piu' andato. Da un po' di tempo preferisco starmene rannicchiato contro il muro a fissare l'RS. L'HMD-XView e' sul tavolo, spento. So che non devo indossarlo. Ho dormito molto male, questa notte. Ho continuato a sognare l'HMD; di legarmi l'RS. Poi, quando ristabilivo il contatto con Kublai... Dolore, sofferenza. Non ha senso guardare fuori dalla finestra. La realta' e' priva di significato; e' falsa; e' vuota. L'HMD-XView funziona perfettamente. L'ho acceso e ne ho testato i circuiti. Tutto e' in ordine ed operativo. Basta! Se c'e' qualcosa d'insopportabile e' la tristezza dopo il riso, la lontananza dopo l'amore, la realta' dopo... Kublai. Mi sono stretto l'HMD-XView e mi sono legato l'RS. Non lascero' appunti questa volta. Solo questo diario. Non tornero' piu'. Sono passati dieci giorni. Ho verificato tutte le connessioni. Le interfacce sono scattate ad una ad una. Chiedero' perdono. Addio, dunque. Addio per sempre. PIT@KUBLAI.GOV