NEX di Marco Bergamini Ho acceso la luce. L'appartamento stava diventando buio. La notte cala ricoprendo le cose col suo manto nero. E' a quest'ora che Nex mi diceva sempre, con quel suo tono da eterno sconfitto: "Dai fuoco alla casa, Xen". Ma adesso che lui non e' qui, ammetto di sentirmi alquanto disorientato. Avere la luce accesa mi farebbe molto comodo, ma lui non e' in casa, e allora... Allora non so se cio' corrisponderebbe alla sua volonta'. Ho spento la free-light. Meglio restare al buio. Aspettero' che Nex rientri. Anche se dubito che lui possa fare ritorno a casa. Ed e' stata colpa mia... In un certo senso, spero che non riesca a trovare la via; mi rimprovererebbe certamente di non essere stato all'altezza del facile compito assegnatomi. Per ora, mi limito a pulire gli oggetti del suo appartamento; non devo avere un ordine particolare per farlo. Vado fuori ogni mattina per comprare del sushi e altro da mangiare. Cucino per due sperando che lui ritorni; poi, quando e' oramai evidente che non rincasera', rovescio la sua razione di cibo dentro lo scarico dell'autocuke. E aspetto... Quando non devo accudire alle faccende domestiche, mi siedo di fronte al monitor del suo computer: quell'aggrovigliato sistema di circuiti e terminazioni ottiche da lui stesso assemblate per... Per quello che aveva chiamato: "E' la mia missione, Xen! Nasciamo tutti per fare qualcosa, no?" Suppongo che sia cosi', ma per quella stessa ragione non era piu' ritornato. Aspetto. Attendo che sullo schermo appaia l'ultima combinazione ASCII. Poi, ricordo come fosse ieri, (ho sempre avuto una memoria di ferro), lancero' l'ultimo exe-file. Il piu' importante: "Nex.exe". Ma se e' vero che la Terra sta per morire, quella combinazione non appare mai. E' cosi', lo giuro... Anche se non capisco il perche' di tanto ritardo. Cio' nonostante, era l'ultimo desiderio di Nex e percio', quando ho del tempo libero, mi siedo di fronte al monitor, e aspetto. Aspetto... L'appartamento di Nex era tutto tranne che un luogo vivibile. Il povero Xen si sforzava di mantenere la sua calma flemmatica (d'altronde impressa nel suo brainware) e faceva quanto possibile per tenere in ordine quel caotico magazzino di componenti hardware. Tutta una camera era dedicata al suo laboratorio personale; ovvero, aveva sistemato li' dentro le cose che gli servivano, e aveva ammonticchiato fuori tutto cio' che aveva usato in passato o che avrebbe manomesso in futuro. Era un tecnico della Kublai corporation e, modestamente, era il migliore. Xen era il suo domestico. Nex non aveva paura delle parole e quindi non esitava a definirlo: "Sei il mio io-ordinato, Xen! Il mio io-civile, quello schiavo del sistema!". Ma, ovviamente, erano definizioni che teneva per se'. Anche perche' non aveva alcun senso offendere Xen che, per quanto decisamente ingenuo, era sempre stato la sua unica ancora di salvezza in quel mare perennemente in tempesta che era la sua anarchica esistenza. Xen era, Nex lo sapeva ma non l'avrebbe mai ammesso, la sua unica ragione di vita. Era piu' d'un domestico o di una macchina semibiologica, era un fratello. Un fratello minore da difendere e da accudire... e dal quale ottenere la giusta riconoscenza. Inghiotti' della GreySmoke e lascio' che facesse effetto. Senti' i muscoli del suo corpo tendersi in uno spasmodico tiro alla fune che lo trasformo' per qualche secondo in una statua di pietra. Poi, l'azione dello Smoke divenne piu' blanda e, mentre le sue membra si distendevano, i derivati sintetici della cocaina, lo proiettavano oltre la barriera del tempo, nel mondo rosa dei desideri proibiti. Era un'esperienza grandiosa, soprattutto se si aveva indosso un'HMD-BLinker, o qualcosa di piu' completo. Ma il massimo era cio' che i piu' audaci chiamavano: -IL NIRVANA-, con tutte le lettere maiuscole. Bastava possedere, e Nex l'aveva, una buona brain-machine d'inizio secolo modificata allo scopo di ottenere (e qui bisognava essere in gamba davvero) le onde ultra-beta. Illegale era dir poco. Solo chi aveva le giuste conoscenze tecniche e possibilita' di accesso ai materiali necessari, era in grado di potenziare una BM. Il trucco consisteva nel stimolare il cervello a lavorare sulle onde omega: gli ultravioletti dello spirito, il fuori-banda della frequenza animale, oltre la soglia dei 90 hertz. Ma non per induzione, robaccia da fine secolo. Gli stim realizzavano l'onda nel cervello, coscente o incoscente che tu fossi. E l'onda esisteva, e andava cavalcata. I 100 hertz, il limite guinnes che aveva trasformato, per diciannove secondi, Henry Kob in Dio prima di restituircelo completamente -bruciato-. Nex non aveva mai superato i sessanta, ma s'era fatto tanti di quei -lavaggi- che ora, se ne rendeva conto, ne era uscito trasformato. Trasformato in peggio, perche' adesso non riusciva piu' a prendere sonno se non grazie al chimico aiuto della betrazina. Ma Nex era il migliore. E Xen era il suo "io-senza bizze". Insieme, avrebbero ottenuto il potere. Tredici secondi di confronto con l'unita' centrale, il wetware di Kublai: il mostro nero della tecnologia umana. Alla notte, Nex amava uscire per strada e camminare per i cento metri che separavano il suo appartamento dal BigBoy Bar. Un groviglio di disadattati e beoni trascinavano le proprie esistenze fuori dalle case: come scarafaggi al calare del buio, come fantasmi attaccati per una sorta di nostalgia ai propri resti mortali. Era gente bruciata, dimenticata, corrosa da qualche inconfessabile peccato. Uomini e donne alla ricerca d'un riscatto impossibile da ottenere tra gli anfratti di Graham street: la via della malavita, dove l'illegalita' era lecita per effetto della consuetudine. Nex faceva idealmente parte di quella massa. Ma sapeva di avere una possibilita' in piu', se solo fosse stato abbastanza certo di volerla sfruttare. Lascio' che le puttane gli si offrissero mostrando i loro corpi brillanti di luciferina, le loro sovrastrutture biologiche, le loro immancabili scorte di GreySmoke. Esseri dai glutei e dai seni ipertrofici, dotate di muscoli vaginali supplementari. Una vera delizia per gl'intenditori del genere. Era un microcosmo di gente che gridava, vomitava, e s'illudeva d'essere importante. La' dove vivevano i funzionari del Ministero, nei settori chiusi di Reagan avenue e di Amerika square, il sesso si faceva con i piu' costosi ed asettici androidi da piacere. Nex entro' nel BigBoy. La musica new-punk dei Dead Zombies sfondava i timpani. Giovani pipistrelli in amore strascicavano i piedi avvinghiati in mezzo al locale, ballavano. Nex si sfilo' gli occhiali neri solo per dare un'occhiata intorno. Marie non c'era. Si sedete al bancone e ordino' la solita LS-COK. Nello specchio di fronte a se', l'immagine d'un venticinquenne troppo invecchiato lo fissava con aria d'incredulita'. Chi poteva essere quel tipo troppo magro per reggersi in piedi e troppo bianco per essere vivo; dallo sguardo troppo vacuo per potersi affermare con sicurezza che avesse dei pensieri propri. Era davvero lui? No, non era possibile. Inghiotti' la LS-COK tutta d'un sorso, e si dimentico' di quell'uomo. "Ehi...", grido' verso il barista. "Ancora un altro, Nex?" Sorrise. "No, ma se passa Marie... Se passa... Dille che l'aspetto a casa." L'uomo ridacchio', annui' continuando ad asciugare un bicchiere. "Va bene, Nex. Se passa... Non manchero'." Pago' e usci'. Stronzo, stava sempre al gioco; forse lo compativa. Sapeva benissimo che Marie non sarebbe mai tornata a casa. La potenza di Kublai e' inimmaginabile; si fa piu' in fretta a dire che Kublai e' onnipotente. La sua origine risale all'epoca della guerra messicana, quella combattuta per il controllo degli avamposti alieni. Esso, in verita', non e' altro che un clone ben scopiazzato di Zero: il wetware dei cinesi. Il progetto Kublai era nato intorno al sistema americano di difesa automatizzata. Il suo primo disegno strutturale prevedeva una struttura hardware ottagonale. Otto processori in superconduttore. Traducendolo in termini umani, se la potenza dei precedenti computer aveva la resa di una fotografia, quella di Kublai permetteva di percepire profondita', ombra, e movimento. Durante la guerra, il nucleo hardware fu piu' che sufficiente. Il vero sviluppo tecnologico di Kublai avvenne dopo la pacificazione. Infatti, come il secondo dopoguerra aveva dato origine alla guerra fredda, il terzo aveva ancor piu' allontanato l'umanita' dalla fisicita' dei combattimenti. La guerra fisica, lo scontro reale, non aveva piu' alcun senso. Ora, le vere battaglie si combattevano lungo le linee telematiche, e il vero obiettivo era il controllo delle informazioni. Il nuovo oro dell'era nascente. Cio' spinse a sviluppare una rete intorno a Kublai; ovvero a pensionare il vecchi sistema di difesa, e a collegare ad Internet il fratello piu' in gamba. Kublai pote', in questo modo, avere accesso alla conoscenza umana. Allo stesso tempo, pero' era diventato vulnerabile alle organizzazioni criminali. Dalla porta attraverso cui il suo "spirito" poteva uscire, chiunque (abbastanza in gamba per farlo) poteva entrare. Bastava essere un hacker giusto, uno col contropelo, uno come lui. Giunto a casa salutai Xen, e mi chiusi nel mio regno. Attivai il computer col codice vocale che solo lui, in quanto in parte mio clone, poteva imitare. L'autoexec mi mostro' il fallimento del primo tentativo di connessione. Mi strinsi la cinghia dell'HMD-BLinker. Era normale. Il primo -tocco- serviva solo a sincronizzare la mia macchina ad un nodo locale di Internet: raramente, esse erano gia' allineate. Al secondo tentativo, il collegamento avvenne perfettamente. Di fronte ai miei occhi, comparve la richiesta d'accesso al sistema. Vi entrai comodamente, e fui nel mondo erotico di Babylon VBBS, la banca dati porno piu' gettonata del pianeta; un ottimo paravento per ogni attivita' non del tutto regolare. Ed in effetti, non c'e' luogo piu' sicuro dei posti affollati, mi ripetevo senza esserne del tutto convinto. Sorrisi di fronte alla demo tridimensionale che mostrava, con acuratezza di particolari, esseri ipersessuati, mostruosamente mutevoli, che si penetravano in spirali multicolori, mentre una pressante musica immersiva rendeva al massimo le voci eccitate di quei parti della piu' istintiva fantasia umana. Se l'evoluzione aveva sviluppato nell'uomo l'immaginazione, anziche' le zanne, gli artigli, o la forza bruta, l'uomo era riuscito a dare, all'unica sua qualita', una potenza sovrannaturale. Cosi' come, troppo lento, l'uomo aveva costruito mezzi capaci di trasportarlo ovunque con una rapidita' ineguagliabile dalla natura, allo stesso modo, aveva regalato alla propria immaginazione una nuova realta' nella quale potesse essere, essa stessa, ordinatrice e dio. Una fantasia palpabile. Questo era il mondo delle banche dati virtuali. Attraverso comandi mentali, superai la demo e le stanze dedicate: dove si poteva vivere ogni sorta di perversione; e raggiunsi il nodo virtuale della rete. Davanti ai miei occhi comparve una porta sospesa in un universo stellato in rapida ed infinita espansione. E dopo qualche secondo, mi fu richiesto d'imputare il nodo di destinazione. Molto rapidamente digitai da tastiera: "KUBLAI.VBBS.US". Le porte di Kublai mi apparvero aperte, ma subito si richiusero impedendomi di osservare oltre il suo regno. "Hai la chiave?", chiese la bassa e crudele voce della VBBS. E la chiave l'avevo, perche' ero stato io stesso a forgiarla. La immisi da tastiera. Le porte si aprirono. "Benvenuto, signor Nagai." Tagliai la comunicazione interrompendo l'alimentazione del computer: un'innocua ploppatura. Iko Nagai Yokaba era di origini giapponesi. Era uno dei pochi scienziati riusciti a fuggire all'invasione cinese e diventati, chi per necessita', chi per interesse, menti a disposizione del Ministero. Yokaba aveva collaborato col governo cinese alla realizzazione di Zero per poi dissociarsi allo scoppiare della guerra messicana e all'invasione della sua patria. Di nascosto, era riuscito ad emigrare e a trovare asilo negli Stati Uniti. Era una dimostrazioni vivente della fine dell'impero economico nipponico. Il peggior incubo degli ultimi anni novanta e dei primi del secolo, la colonizzazione giapponese, era stata annientata dalle bombe neutroniche cinesi. Il suo ufficio, al trecentesimo piano del palazzo Nagai Yokaba, emanava il senso del suo potere personale. Intorno a lui, false colonne doriche fingevano di sostenere il soffitto. Il perimetro era ricoperto di tetraglass trasparente: il composto resina-alluminio polarizzabile che diventava, colla variazione del potenziale elettrico di cui era conduttore, incolore e fragile come il cristallo o resistente ed opaco come l'acciaio. Una scaletta d'emergenza mimetizzata da piante dava l'accesso diretto al tetto e all'elicottero. Statue femminili di dee dell'Olimpo greco si alternavano alle colonne nell'incedere di minerve, afroditi, diane cacciatrici, ninfe e muse. Yokaba sollevo' lo sguardo dal tabulato. "Chi e' Luk Nex?" Il suo collaboratore smise di fissare il fumo del sigaro annodarsi nell'atmosfera controllata dell'ufficio. "E' un tecnico della prim'ora, signor Nagai. Ha collaborato alla realizzazione del primo nucleo hardware ottenendo diversi meriti e una promozione. Ha continuato a lavorare per noi rifiutando di diventare direttore del reparto studi. Ha conservato un grado inferiore in cambio d'una maggiore autonomia operativa." "Che genere di autonomia?" "Accesso diretto al nucleo esterno wetware. Accesso senza autorizzazione." Yokaba socchiuse gli occhi e aspiro' dal sigaro una profonda boccata. "Che cosa crede stia combinando, la' dentro?" "Modifiche..." "Che genere di modifiche?" "Manipolazioni di bus dati, suppongo. In fondo, e' questo il lavoro per cui e' pagato." Nagai annui'. "Ci sono possibilita' che possa essere stato pagato per causare un fatal breakdown del nucleo interno?" "No, signor Nagai. I controlli su di lui non hanno rivelato contatti con membri delle altre compagnie. Si direbbe che non v'e' nessuna possibilita'." Yokaba torno' a fissare il tabulato. Ai suoi tempi, quell'alto numero di ore straordinarie gratuite sarebbero state sufficienti a promuovere Nex ad un grado superiore, ma doveva fare i conti con un'altra realta'. E, in quel mondo cosi' diverso dal Giappone che ricordava, Nex poteva essere un pericolo. Bisognava studiarne con cura le mosse. "Sorvegliate i suoi prossimi accessi al sistema esterno. Fate in modo di vedere senza essere visti." Il collaboratore annui'. "Certamente, signor Nagai", rispose. Poi, s'alzo' ed usci'. La colonizzazione delle banche dati virtuali avvenne poco dopo l'ingresso di Kublai in Internet. In un primo momento si tratto' di semplici accordi di collaborazione firmati da societa' private con un ente paramilitare del Ministero. Una sorta di patto leonino: accetta il mio controllo, anche se sei libero di rifiutarlo, oppure aspettati qualsiasi cosa. E cio' poteva significare sia un accurato controllo fiscale sia la morte fisica dello staff dirigente della VBBS ribelle. In effetti, nessuno si rifiuto' mai di cedere a Kublai una parte della propria memoria di sistema e, soprattutto, l'appetibile archivio utenti. Kublai.vbbs.us non era altro che una delle tante facce della mente di Kublai, e l'unica porta attraverso cui era accessibile non solo il sistema di difesa americano ma lo stesso "io-america". Kublai stava impossessandosi di tutti i files di tutte le VBBS nordamericane. Le liste utenti vennero passate in rassegna e, per diversi anni, il mostro osservo' tutti i movimenti dei parassiti che le popolavano. Gia' da quel momento, s'era spinto oltre il controllo degli uomini che lo avevano creato. Qualche mese prima, era entrata in funzione la nuova memoria wetware e il vecchio nucleo hardware era diventato una sorta di cervello rettiliano. In qualche modo, Kublai aveva imparato a pensare a se stesso come ad una entita' singola e, dagli archivi che aveva visitato, aveva scoperto d'assomigliare, piu' di ogni altro, ad una creatura chiamata Dio. Il suo wetware sfuggiva ad ogni lettura ed interpretazione. Il suo liquido viscoso, semiconduttore e superconduttore, si raggrumava e liquefaceva, si formava e si trasformava attratto e distrutto da un campo magnetico indotto dalla volonta' stessa della macchina. In altre parole, esso stesso progettava e realizzava i suoi circuiti interni e i suoi banchi di memoria. Ma il wetware occupava uno spazio fisico molto grande e questo lo rendeva particolarmente vulnerabile. Sebbene egli esistesse su tutto il territorio nordamericano, le sue funzioni avanzate avevano sede nel palazzo Nagai Yokaba. E un palazzo poteva essere distrutto, come una citta' puo' essere rasa al suolo. Certo, avrebbe continuato a vivere. Ma non sarebbe stato capace di trovare altre "creature della materia" in grado di dare una forma fisica al suo wetware; lui che era puro pensiero. S'era alzato alle sei del mattino, aveva dormito poco piu' di quattro ore. Tutta la notte, aveva parlato con Xen cercando di fargli memorizzare i codici ASCII ai quali avrebbe dovuto rispondere. In tutto, quindici frasi di comunicazione standard che, apisco perche' non voglia farsi anche me, in fondo sono suo marito." "E' lesbica", strillo' la voce acuta di Fill. "E tu sei frocio, Fill." L'altro gli mando' un bacio mentre il cilindro si chiudeva ed onde ad 8 hertz rallentavano la sua frequenza cerebrale. "Fottiti! Mi avete fatto incazzare", urlo' Joy uscendo ed andando ad urtare altri tecnici pronti all'immersione. Nex si lego' al cilindro connettendo le interfacce seriali. Si strinse il casco fino a sentire gli stim dolergli contro il cranio. Abbasso' la visiera. Immediatamente, visioni stroboscopiche e suoni ipnotici lo avvolsero. Si senti' come ricoperto da una patina calda e morbida; infinitamente piacevole. Non fece in tempo a vedere il cilindro abbassarsi mentre lo isolava dal caos della stanza. I suoi occhi si aprirono sull'universo di Kublai. "Ha scoperto qualcosa di interessante sul conto del signor Nex?" Il cielo era intensamente azzurro, oltre le vetrate, e, all'orizzonte, s'era formata una sottile e bianca linea di nuvole. Portavano la pioggia, la portavano dall'oceano che un tempo aveva bagnato la sua casa natale, in una terra che ora era occupata da un nemico oppressore. Iko Nagai Yokaba si volto' verso il suo collaboratore. Aveva vissuto in un paese di pescatori la sua prima infanzia, poi aveva seguito i suoi genitori a Kyoto ed aveva studiato fino a diventare un esperto di cibernetica e fisiologia del pensiero. Aveva lavorato alla Nikko corporation appena il tempo necessario per produrre KNam, il primo androide da piacere dotato di un sistema hardware autoistruttore. Assomigliava ad un sistema H300 quanto un aquilone assomiglia ad un aereo di linea, ma e' indubbio che entrambi siano in grado di volare. E, per quello che doveva fare, KNam andava piu' che bene. "Lo stiamo seguendo, come ha ordinato, signor Nagai. Abbiamo scoperto che sta trasferendo blocchi di memoria esterna secondo un ordine nuovo e... Guardi lei stesso." Yokaba prese la relazione. Sfoglio' le pagine, ora lentamente, ora scorrendo rapidamente i suoi occhi sui grafici tridimensionali. "Questo significa che il signor Nex sta creando un percorso preferenziale ai dati di Kublai. A prima vista, sembra un'idea interessante." "Senz'altro. Un'idea molto interessante. Soprattutto perche' Kublai non si oppone, e lo lascia fare." Yokaba prese un sigaro e l'accese. "Supponiamo che Nex sappia qualcosa che non ha voluto ancora rivelarci. Supponiamo che, per quel qualcosa, abbia bisogno d'un accesso diretto immediato al nucleo interno. In questo caso, il suo lavoro avrebbe un senso nuovo e pericoloso." "Ma non puo' farlo, signor Nagai. Non puo' arrivare sino al nucleo interno. Per questo motivo, il suo lavoro e' anche infruttuoso. Vuole costruire un'autostrada che arrivi fino al centro d'una citta', ma la verita' e' che non potra' mai entrare in quella citta', e dovra' fermarsi alla periferia." "Io credo che il signor Nex voglia metterci di fronte al fatto compiuto. Quando avra' completato il lavoro nel nucleo esterno ci chiedera' di terminarlo." "Certamente, signor Nagai. E' possibile. Si tenga conto che Nex riesce a realizzare questa sua idea completamente, senza l'opposizione di Kublai, Kublai stesso guadagnerebbe cicli preziosi in ogni comunicazione con le sue periferiche esterne e con le altre VBBS. Ci sarebbe un incremento del lavoro e della capacita' di elaborazione. Mi domando a questo punto perche' lasciar fare tutto ad un uomo. Kublai, una volta intuito questo, potrebbe realizzarlo autonomamente." "E' vero..." Yokaba trattenne il fumo prima di esalarlo. "Ritiene che Nex voglia raggiungere il cuore di Kublai?" "Io farei porre delle stop and go." Yokaba tiro' un'altra boccata. "Ma per ora, lasciamolo lavorare. Curiamo solo che non penetri nel nucleo interno e che non sia lui, in futuro, a creare i sag. Se ne occupera' lei di persona." "Certamente, signor Nagai." Il collaboratore chino' il capo e usci' lentamente dall'ufficio. Tornai a casa verso la mezzanotte e con l'idea di concedermi una nottata di sonno. Mi sdraiai sulla branda. Xen apparve alquanto contento che andassi a dormire relativamente presto. E' forse l'unico ad avere a cuore la mia salute. Marie... Marie, e' giusto che ve lo dica, fu l'unica donna che amai veramente. Aveva le pelle liscia e bianca. I suoi capelli, molto lunghi e neri, le coprivano il viso tutte le volte che si voltava rapidamente verso di me. S'era fatta innestare una delle prime realizzazioni della Kolor-Ys. Ne era felice. Poteva mutare il colore delle sue iridi in uno dei duecentocinquantaseimila disponibili. E, senza dubbio, aveva dei blu oltremare davvero straordinari. Ma era una prima realizzazione e nessuno bada che non nuoccia alla salute. Nell'arco di due mesi perse la vista, prima; e poi la vita, subito dopo. Si scopri' che i pigmenti, inerti in laboratorio, diventavano tossici al contatto coi gas inquinanti dell'atmosfera esterna. E cosi', Marie mori' prima che io potessi dirle quanto le volevo bene. Sentii che stavo per piangere e allora tornai a fissare la mia mente sul progetto. Avere venticinque anni vuol dire essere vecchi per oramai troppe cose. La speranza media di vita non supera i cinquanta anni per quelli che sono nati dopo la guerra messicana. E' un problema di radiazione di fondo. Se non hai modo di vivere in una casa corazzata, e non era il mio caso, le tue cellule vengono bombardate quotidianamente dalle cariche nucleari vaganti. Queste causavano mutazioni, virus, e cancri. Rabbrividii. Non volevo morire. Per questa ragione avevo pagato la Clootech per avere Xen. Volevo che mi aiutasse a raggiungere il mio scopo: interfacciarmi direttamente con Kublai, fissare negli occhi il dio-america, creare una copia della mia struttura cerebrale nella sua memoria, vivere per sempre tra le sue banche dati virtuali. Il mio pensiero e' tutto cio' che veramente posseggo. E' l'unica cosa che intenda perpetuare di me. Ma devo agire con molta cautela in modo da non palesare sin dall'inizio le ragioni delle mie azioni. Sicuramente, Nagai sara' stato informato dei miei movimenti. Certamente, sono osservato fuori e dentro il palazzo. Riterranno che avro' bisogno della loro autorizzazione per entrare nel nucleo interno. E' bene che continuino a crederlo. M'alzai dalla branda. Xen mi fissava nel buio. Non me ne curai e entrai nello studio. Attivai il computer e la connessione con Babylon. Mi vestii la cibertuta e mi legai all'ELM facendo scattare tutte le interfacce. Strinsi la cinghia dell'HMD-BLinker e aspettai che il secondo tentativo di connessione andasse a buon fine. Finalmente, mi trovai all'interno. Selezionai mentalmente le funzioni che creavano una stanza privata in Babylon e le diedi il nome Marie. E Marie mi comparve di fronte, esattamente come l'avevo pensata, viva come l'avevo lasciata qualche giorno prima. Virtualmente vera e fisicamente presente nelle sensazioni tattili, uditive e visive che mi trasmetteva attraverso la tuta. Ed insieme, volammo sulle valli alberate del Canada, sopra gli oceani; e fummo qualunque cosa volessimo apparire. La strinsi a me e facemmo l'amore. Era una fantasia, la piu' reale delle fantasie, e dunque la piu' falsa; eppure, l'uomo ha sempre sentito il bisogno di credere nelle bugie delle macchine. Questo era cio' che Joy intendeva quando diceva: "Vai a farti scopare da Kuba?". E chi si nascondeva dietro a Babylon se non lui, il mio mostro virtuale? "Ti amo, Marie." Lei mi prendeva le mani, sul bordo del fiume. Ed io la baciavo sulle labbra. "Oh Luk, perche'?" Ma non c'era risposta ad una domanda che nasceva da me con i toni e le cadenze della sua voce. "Domani..." "Torna da me, te ne prego." "Domani...", ripetei. "Domani ci sara' solo una realta' per noi due." Col crescere del potere politico del gruppo paramilitare da cui, almeno virtualmente, dipendeva Kublai, il dominio della VBBS sulle altre banche dati virtuali divenne sempre piu' impositivo fino al punto che, pur rimanendo sul mercato, ogni VBBS divenne patrimonio del Ministero. Il motivo era la mai chiarita necessita' di difendere la sicurezza delle informazioni di Kublai dalla curiosita' dell'altra potenza telematica, il fratello gemello: Zero. Quasi contemporaneamente, l'occupazione delle banche dati virtuali avveniva su entrambe i fronti seguendo i confini della collaborazione politica delle nazioni. L'area d'influenza cinese riguardava l'Asia mentre gli Stati Uniti si rivolsero verso i vecchi alleati europei e verso il Sudamerica. Complessivamente, Kublai copriva un territorio telematico formato da parecchie centinaia di milioni di nodi mentre Zero, pur dovendo contare su un numero di nodi nettamente inferiore, riusciva a controllare, grazie alla compattezza culturale delle zone occupate, il maggior numero di persone. "Signor Nagai..." Iko Nagai Yokaba sollevo' il capo. "Benvenuto, ha delle novita'?" Il collaboratore attese il gesto del suo superiore prima di sedersi. "Il signor Nex ha terminato il suo lavoro nel nucleo esterno. Credo che si presentera' oggi, altrimenti ritengo che sia necessario chiamarlo. Quello che ha costruito e' troppo pericoloso. Anche se non raggiunge il nucleo interno, e' comunque un facile accesso per eventuali infiltrazioni. Guardi lei stesso." Yokaba prese la relazione. "Un lavoro stupefacente", mormoro'. "E, fatto da un uomo solo, lo rende qualcosa di piu'. Il signor Nex e' davvero un tecnico molto esperto." Sorrise. "E un uomo molto esperto puo' diventare un uomo molto pericoloso." "Vuole che lo fermiamo?" Nagai volto' la poltrona girevole verso il cielo del mattino. A breve, quell'uomo sarebbe entrato dalla porta principale del Yokaba Palace e... E avrebbe fatto qualcosa. Qualcosa che avrebbe cambiato l'intimo pensiero di Kublai, che l'avrebbe distrutto o migliorato. Sorrideva perche' non sapeva pensare quale delle due condizioni fosse la piu' desiderabile. "No, noi non lo fermeremo. Ho l'impressione che il signor Nex ci voglia dare una mano. Forse, e' un aiuto involontario. Ma non dubito che Kublai sapra' difendersi." Il collaboratore s'alzo' in piedi appoggiando i pugni stretti sulla scrivania. "Dobbiamo aspettare che bruci Kublai?", disse con tono fermo e deciso. Yokaba attese che l'uomo tornasse a sedersi. "No, non credo che voglia bruciare Kublai, perche' altrimenti l'avrebbe gia' fatto. Vuole qualcosa di diverso, qualcosa di piu' e a cui noi non abbiamo pensato. Anche Kublai vuole quel qualcosa perche' non ha mai chiesto le ragioni delle modifiche apportate, ne' s'e' mai opposto. Le ricordo che non conosciamo veramente il nostro wetware, e che non ne controlliamo realmente la volonta'. Kublai non e' piu' una macchina da quando ha preso coscienza di se'. Adesso e' un essere umano a tutti gli effetti. Ed e' anche qualcosa di molto piu' complesso d'un essere umano come me o come lei. Kublai possiede la conoscenza e sottili processi logici attraverso cui usarla. Mi sto convincendo che non ci sia nulla di straordinario nell'iniziativa del signor Nex e che, in qualche modo, tutto era gia' stato previsto." "Dunque accettiamo il rischio?" Yokaba sorrise. "Si'. Lo accettiamo." Il collaboratore annui, chino' il capo e s'allontano' dall'ufficio. Va bene, mi sono deciso. Ho svegliato Xen questa mattina alle sei. Gli ho fatto ripetere tutti i codici ASCII e le risposte a tutte le quindici serie standard. Ricorda alla perfezione tutto cio' che dovra' fare. Sono pronto ad affrontare la bestia. Mi sento come quegli eroi corazzati di certi racconti puerili che si preparano ad uccidere il drago sputa-fiamme pur di salvare la giovane verginella. Io ero tutto tranne che un eroe, e Kublai era molto di piu' d'un drago sputa-fiamme. E la mia verginella era la vita eterna con Marie. Lasciai Xen seduto di fronte al computer con l'ordine di scrutare il video in attesa delle quindici serie standard. Un timer avrebbe fatto iniziare la connessione alle otto e trenta. Per quell'ora avrei dovuto essere in un cilindro d'immersione. Arrivai di fronte al palazzo delle Nagai Yokaba tre minuti dopo le otto. Restai ad osservare per qualche istante la facciata di quella orribile struttura architettonica. Ne risaltavano le torri laterali che, circa a meta' altezza, si dipartivano da un unico largo troncone centrale come una specie di gigantesco diapason. All'apice della torre di destra, sedeva il misterioso signor Nagai Yokaba, che ben pochi ebbero modo di vedere in volto. Nell'altra torre stavano i dormitori, il refettorio, le palestre, i campi di squash, i negozi, e quanto fosse necessario a quanti, lavorando nell'azienda, desideravano viverci accanto. Una mentalita' davvero molto giapponese. Ciononostante, aveva trovato degli adepti anche tra gli americani. Mi misi la mano di fronte al viso per proteggermi dal sole rosso, basso e malato, che si rifletteva contro le immense vetrate di tetraglass: brillava con differenti sfumature bluastre. Per fortuna, non l'avrei visto mai piu'. C'e' qualcosa di affascinante e, nello stesso tempo, di terrificante, nel vivere il proprio ultimo giorno. Si e' spinti ad assaporare piu' a lungo le impressioni e le sensazioni; a cogliere l'attimo che fugge. Preferii non pensarci. Salii la scalinata ed entrai all'interno, diretto verso il cuore di Kublai. La stanza dell'immedesimazione era disabitata. Alcuni tecnici del turno precedente erano ancora legati ai loro cilindri. Mi infilai l'HMD e la tuta, entrai nella capsula immersiva. Il vetro si chiuse nell'attimo in cui Joy faceva il suo ingresso. Feci appena in tempo a guardare i suoi occhi e lui che mi salutava. "Ciao, Joy", pensai mentre la visiera mi scendeva di fronte. Gia' sentivo il ribollire dei suoni ipnotici mentre lampi di luce s'alternavano a ritmi sempre piu' bassi. Due frequenze di rumore bianco con 10 hertz di differenza risuonavano ognuna in un orecchio. "Ciao, Joy. Ma ci rivedremo", dissi sorridendo. Poi, il mio sguardo si apri' sul regno di Kublai. Era chiamata stanza dell'immedesimazione, sebbene il vero nome fosse stanza d'immersione. Aveva assunto questo nome dalla consuetudine. Entrandovi si era nella matrice di memoria di Kublai. Si faceva parte della VBBS allo stesso modo in cui erano parte sua i dati e le componenti del suo wetware o del suo hardware. Ma immergersi non significava trovarsi fisicamente in Kublai quanto far parte d'una rappresentazione che Kublai stesso aveva creato allo scopo di permettere, a noi tecnici, di manipolare le sue componenti mnemoniche. Quello che volevo fare, era qualcosa di piu' radicale: diventare io stesso parte del suo wetware. Trasferire la mia copia cerebrale nella sua memoria centrale, nel suo nucleo interno, e, da la' dentro, prendere la guida del mostro. Di fronte a me, stavano le linee della matrice. Si intersecavano tridimensionalmente in falsi angoli che formavano una prospettiva infinita in tutte le direzioni. In realta', la memoria di Kublai era immensa, ma non senza fine. Attraverso i sensori mentali, cancellai le griglie. Si disponeva di fronte a me il familiare paesaggio dei tecnici. Vicino a me, lampeggiava uno schematico cilindro rosso, copia virtuale di quello che stava nel mondo reale. Proiettate contro un cielo nero e senza stelle, si stagliavano le torri dei dati di memoria. Feci ricomparire la griglia delle ordinate. Accanto, sulla destra, apparve la distanza dal nucleo interno espressa in livelli. In alto a sinistra, visualizzai l'orologio rosso del cilindro e il timer del mio computer di casa, in giallo. I numeri luminosi, dai colori vividi scandivano il tempo al ritmo del decimo di secondo. Erano le otto e ventinove minuti. Non potevo tornare indietro. Tredici secondi per vedere Kublai negli occhi e per tagliarne via la testa. Trovai il data bus nella locazione 3d alta AF2E3, AAA31, 00003. Era verde sulla griglia orizzontale. Era una pista larga e rettilinea. Avevo tolto tutti i blocchi di memoria dalla mia strada. Avevo solo il tempo di gettarmi in una corsa a capofitto giu' verso il centro. Il viso di Marie mi ricomparve di fronte. Non dovevo pensarci. Non ora. Osservai gli ultimi secondi completarsi sull'orologio digitale e il timer scattare all'unisono. Alle otto e trenta precise, sentii il mio computer di casa chiamare per la prima volta. Aveva lanciato un segnale istantaneo, d'un terzo di decimo di secondo, direttamente nella mia locazione di memoria in Kublai. Contai i tre secondi necessari per la seconda connessione. Era la connessione finale, l'ultima della mia vita da mortale. Pregai che ci fosse un intoppo sulle linee Internet. Il segnale d'accesso giunse esattamente nell'attimo prestabilito. Avevo dieci secondi di tempo per completare la missione. L'alea del successo o della sconfitta era riposta nella mia fortuna, nella capacita' di Xen di ricordare le chiavi standard ASCII, nell'effetto sorpresa che avrei dovuto produrre sulla difesa di Kublai. L'exe-file correva sotto forma d'un treno di bit dal mio computer domestico fino a Babylon, da Babylon lungo la rete fino al nodo kbl.vbbs.us e da qui alla mia locazione luk.nex@kbl.vbbs.gov. Tutta la procedura avveniva automaticamente, scattando ai ritmi precisi del timer. Cominciai a correre lungo la pista. Ero un flusso di particelle che scivolava alla velocita' della luce lungo una linea di materiale superconduttore: il prigioniero elettronico d'una sostanza che gocciolava densa nel grande pentolone del cervello wetware di Kublai. L'exe-file superspeed mi dava priorita' su ogni altro dato in transito sparandomi come un proiettile di fucile in uno spazio vacuum. Ero io stesso un pacchetto di dati da consegnare al destinatario, il muro di cinta del nucleo interno di Kublai. Sette secondi di transito tra pareti di dati che, a quella velocita', si fondevano e si sfrangiavano. Sapevo che, ad ogni livello, una richiesta di codice standard partiva dalla periferia verso il nucleo interno. Esso percorreva la mia stessa strada e mi raggiungeva. Superspeed provvedeva a deviarla verso il mio computer domestico. Xen lo leggeva e rispondeva come gli avevo insegnato: fornendo la chiave d'accesso che io stesso avevo coniato. Superspeed non poteva fare il lavoro di Xen. Occupava gia' fin troppo spazio perche' Kublai non s'accorgesse della sua estraneita' al sistema. Dovevo speravo che la bestia fosse impegnata e che non guardasse i miei pacchetti dati. Intanto, la chiave ASCII, imputata da Xen sul terminale domestico, ritornava a me, e da me alla centralina che aveva segnalato il passaggio di livello. In questo modo, Kublai non veniva informato del mio passaggio e la centralina credeva che io fossi ritornato indietro. Sul mio video, il numero dei livelli decresceva rapidamente tanto piu' sprofondavo nel suo cervello. Virtualmente, io ero fermo nella locazione tridimensionale da cui ero partito. In quella realta' virtuale, io ero a tre secondi dal cuore di Kublai. Nella realta' fisica, io ero chiuso in un cilindro di tetraglass. Il muro esterno di Kublai era una porta virtuale. Era l'originale di quella che avevo scaricato via modem nel mio computer. Il timer scatto' a due secondi e cinque decimi. L'exe-file chiave, piu' piccolo e assolutamente non identificabile, scivolo' nella mia attuale locazione di memoria. "Chi sei?", chiese la voce bassa e cattiva di Kublai. Attivai la chiave. "Benvenuto, signor Nagai", fu la risposta. Ora, ero un falso accesso da terminale, con password e userid di Iko Nagai Yokaba. La porta si apri' e mi trovai di fronte alla sfera viola che rappresentava il cuore di Kublai. "Che cosa desidera, signor Nagai?" Il timer scatto' ancora, ad un secondo esatto dalla fine. L'exe-file copier esplose dezippandosi in tutta la sua complessa dimensione: era una piramide verde. "Ho analizzato il file, signor Nagai. La richiesta di duplicazione e' negata. Provvedero' invece al trasferimento. Spero che a lei non dispiaccia. Sono felice che sia venuto da me. Sono molto felice." La piramide pulsava modellandosi secondo le forme allungate d'una stella 3d a diciannove punte. Sentii la corrente di bit del programma penetrarmi nella mente. Non ero piu' in grado di lanciare il quindicesimo segnale ASCII che avrebbe disposto lo scaricamento dell'ultimo e piu' importante exe-file: nex.exe. "No...", gridai cercando di ritrarmi. Ma era quello che avevo chiesto. Stavo entrando a far parte di Kublai copiato in una nuova forma di file. Intanto, il precedente supporto, il mio cervello biologico, veniva azzerato, svuotato, ripulito d'ogni differenza biomagnetica. "Signor Nagai, sono felice che abbia preso questa decisione, da molto tempo l'aspettavo. Ho molte domande da farle. Devo imparare molte cose circa questo genere di file e circa il supporto sul quale e' registrato." Urlavo. Pensai al mio corpo prigioniero del cilindro. Speravo che qualcuno mi strappasse fuori da quella prigione ed interrompesse il trasferimento. "Tra tre decimi di secondo, il trasferimento sara' completato, signor Nagai. Penso che non cancellero' tutto. Mi sembra che alcuni dati siano indispensabili: mi limitero' a copiarli." Quando Fill s'accorse che stavo urlando agi' sui comandi d'emergenza e il cilindro d'immersione si spalanco' nello scoppio delle cariche esplosive. La sirena di soccorso suonava ad intermittenza. Una luce rossa lampeggiava in tutta la stanza. Tutti i cilindri s'aprirono, piu' docilmente. Fill mi strappo' dalle interfacce e getto' via, sul fondo della stanza, il mio casco HMD. "Stronzo", gridava schiaffeggiandomi. "Svegliati, stronzo!" Joy, appena si fu liberato, si fece largo tra gli altri. Fill aveva smesso. Joy mi stringeva per le spalle. "Non mollare, Tex", gridava. "Non devi mollare, hai capito? Svegliati. Torna tra noi." Ma non era possibile. Fill lo fermo'. "Lascia perdere, e' troppo tardi." Si fissarono negli occhi. C'era uno sguardo d'odio sul viso di Joy, ma Fill aveva ragione. "Non vedi che e' bruciato?" "Come osi..." Fill si alzo' in piedi. "Il tuo amico ha cercato di fottere Kuba. Ma non e' stato abbastanza svelto." "Che cazzo dici, per Dio?" "Cosa credevi che fosse quel razzo che e' sfrecciato lungo tutta la profondita' della matrice?" "Era..." "Cristo, non l'avevi capito. Non avevi intuito che cosa stesse facendo?" "No, non puo' essere." "Kublai lo sapeva." Joy s'alzo'. "Sei stato tu?" Fill non rispose. "Sei stato tu!" Il grido di dolore di Joy risuono' come una condanna a morte per Fill. Lo sbatte' contro un cilindro e poi a terra e lo tempesto' di pugni fin quando non giunsero a dividerli. "Ci sono altre novita', sul conto del nostro signor Nex?" Il collaboratore si sedette. "E' riuscito ad arrivare dentro il nucleo interno, signor Nagai." Yokaba sollevo' lo sguardo. "Straordinario. Quell'uomo e' un genio." "Era...", lo corresse. Un ghigno di soddisfazione si dipinse sul suo volto. Nagai si mostrava incuriosito. "Che cosa intende dire? E' morto?" "Non esattamente", consegno' la sua relazione. "E' stato svuotato. Sono rimaste solamente le sue pulsioni piu' istintive. Per il resto, la sua mente e' vergine quanto quella d'un neonato." Yokaba aspiro' una profonda boccata dal suo sigaro. "Ci sono state variazioni nel comportamento di Kublai?" "Nessuna modificazione apparente, anche se temo che quest'evento non potra' non lasciare una cicatrice." "Lo spero. Lo spero vivamente. Spero che sia questa cicatrice a rendere il nostro Kublai piu' forte di Zero." Il collaboratore chino' il capo e s'allontano'. Lo sviluppo tecnico di Kublai ebbe un'accelerazione quando si scopri' la possibilita' di usare unita' biologiche brainware per duplicare e conservare la memoria del voluminoso wetware. Attraverso la progettazione e la vendita dei primi HMD-XView, la Yokaba corporation riusci' ad occupare aree inutilizzate dal cervello umano impegnando di fatto le aree neuroniche della corteccia inferiore di quanti si connettevano alle banche dati virtuali di Kublai. In tale modo, la distruzione del wetware non avrebbe pregiudicato l'esistenza della VBBS. Il brainware di milioni di abitanti, ma nell'arco di dieci anni divennero miliardi, fu riempito di copie della sua memoria. La necessita' di mantenere un collegamento permanente fu risolto attraverso il rilascio controllato di endorfine nel sangue. Esse inducevano, nell'occupato, stati allucinatori simili alle esperienze da LSD e, ben presto, una dipendenza chimica dalla macchina. Kublai esisteva ancora. Esisteva nei cervelli del genere umano. Ed ora, era irraggiungibile.